De Laurentiis

Un’analisi della situazione e del rapporto tra il tifo organizzato del Napoli ed Aurelio De Laurentiis. I dettagli

Secondo il dizionario, con il termine sciopero si intende: «Astensione collettiva dal lavoro da parte di dipendenti, a tutela dei propri interessi». Ve n’è la versione a scacchiera e anche quella selvaggia. Ma resta il fatto che si applica all’ambito del lavoro e da parte di chi ha un rapporto da dipendente con il suo datore, se una partita Iva se ne sta a casa a protestare sono fatti suoi, per così dire, anche se potrebbe avere tutte le ragioni del mondo non ha un vero interlocutore col quale farle valere.
Eppure, sempre di più, si sente parlare e si legge di «sciopero dl tifo». L’ultimo caso è stato quello di Napoli. E ha prodotto un certo dibattito per l’enorme stridore tra la felicità generata da uno scudetto che da quelle parti chi ha dai 33 anni in giù non ha mai visto e il silenzio che negli ultimi tempi stava accompagnando le partite della squadra.
Automaticamente, verrebbe da pensare che se il tifo sciopera, allora è tifare è diventato un lavoro. Il che, purtroppo, è drammaticamente vero in tutte quelle curve dove attraverso la gestione dei biglietti e di altre attività sono emerse figure realmente professionali, comunemente dette “ultras di professione”. Da qui, pertanto, la difesa dei propri interessi come cita il dizionario, visto che realmente ci sono posti di lavoro in ballo. Una sorta di Reddito di Cittadinanza, laddove l’identità di chi lo percepisce consiste nell’essere organizzatore e punto di riferimento di una comunità. Più o meno ampia, ma certamente sregolata per legge perché da che mondo la tifoseria organizzata più estrema – e spesso estremistica – non è un’associazione con statuto, regole, diritti e doveri, anche se in certi casi esiste una forma di tesseramento.

In certi casi, però, la curva si auto-rappresenta di fatto come un sindacato, pur non utilizzando il termine. Proprio la protesta dei tifosi del Napoli è stata motivata per il caro-prezzi, oltre che per l’impossibilità di vestire a festa il Maradona con vessilli, bandiere, fumogeni e tutto quel materiale che rende uno stadio più colorato e vivo, ma che ultimamente è sottoposto a sequestri. Così, nel volantino che ha accompagnato la protesta, sono stati contestati i 90 euro per i settori più popolari e anche l’equiparazione del prezzo dell’anello superiore con quello inferiore, definito storicamente «tribuna non vedenti».
La pace è stata sancita, con tanto di foto tra Aurelio De Laurentiis e un gruppo di tifosi. Non sembrava esattamente il ritratto di un vertice tra governo e Cgil, Cisl e Uil, già solo perché insieme al Presidente si contano altre 15 persone a rappresentare un mondo evidentemente con tanti “capi”. Il comunicato del tifo è di soddisfazione: «Così come De Laurentiis ha riconosciuto l’importanza dei nostri sacrifici, la nostra passione, il nostro amore per la squadra e l’incidenza del nostro supporto anche nei risultati sul campo, noi abbiamo riconosciuto che la sua gestione ha portato il Napoli, finalmente, nell’Olimpo del grande calcio». Non si sa, esattamente, di cosa si sia parlato nelle 2 ore di incontro, se ci sia stata una qualche forma di trattativa e su quale argomento. «Non ci dilungheremo sull’incontro al quale abbiamo partecipato oggi su invito del Presidente De Laurentiis»: il comunicato degli ultras inizia proprio con l’intenzione di non esprimersi sul merito della vicenda, sui “tecnicismi” direbbe un esponente sindacale. Semmai è forte il senso del reciproco riconoscimento e, soprattutto, l’urgenza del futuro, la necessità che il ritorno dei quarti di finale di Champions League Napoli-Milan abbia uno stadio degno dell’importanza storica del momento. E non c’è dubbio che il clima sarà quello giusto, con il calore che sa esprimere una tifoseria entusiasta.
Una cosa è certa: non è finita qui. Non a Napoli, ma altrove, uno sciopero del tifo prima o poi spunterà. Con le motivazioni di sempre o qualcosa di inedito.

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ultimo aggiornamento: 01-01-2024


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